domenica 30 novembre 2008

Ancora scuola

Torniamo a parlare di un argomento che a quanto pare sta a cuore a tanti, tanti di noi. Non si tratta tanto del decreto gelmini in sé, quanto dell'intera politica intrapresa dai vari governi, nell'ambito dell'istruzione, da parecchi anni a questa parte.
Sono più di 20 anni che i vari ministri dell'istruzione che si succedono parlano di riforme della scuola, di rinnovamento, di cambiamento radicale. E in questi vent'anni ben poco è cambiato. Quello che sembra accadere ora, con il decreto appena approvato e le probabili future azioni che verranno intraprese dal ministero dell'istruzione, può parere tremendo, una svolta verso il peggio, ma non sono dell'idea che possa veramente cambiare le cose. A gran voce si condannano i vari, singoli punti proposti, ci si scaglia contro il maestro unico, i tagli dei fondi, i voti in condotta che fanno media, la probabile privatizzazione delle università. Tutte cose senza alcun dubbio opinabili, e sulle quali anche io ho un giudizio decisamente negativo. Però tutta questa confusione non fa che allontanarci da quello che è il vero problema. Tutto questo discutere, aizzare folle, dibattere, urlare e manifestare, ci fa concentrare su pochi punti che sì, qualcosa significano, ma non sono il vero problema. Se una cosa è malata nel profondo, non saranno pochi accidenti lievi e momentanei a rendere tanto più critica la situazione. Anzi, la confusione che si agita, oltre a peggiorare lo stato delle cose, è solo un mucchio di energia sprecata. Come al solito sprecata verso inutili problemi di facciata, quando le pericolanti fondamenta non vengono minimamente prese in considerazione.
Il vero problema non sono le riforme che il ministro si propone di intraprendere. Volendo aprire gli occhi, il problema si manifesta apertamente e chiaramente a tutti: siamo noi.
La scuola, così come lo stato, non la fanno poche persone sedute in parlamento, ma la fanno gli studenti, i professori, le famiglie degli studenti e dei professori, i bidelli, amici, parenti e familiari di persone coinvolte...in breve: tutti. Molti, moltissimi studenti non hanno alcun reale interesse a studiare, e lo si evince chiaramente dal loro comportamento, dal fatto che non dedichino allo studio, al sapere e alla cultura che il tempo minimamente indispensabile per sopravvivere e non farsi bocciare, dal fatto che vedano questo tempo come sprecato. E queste persone ora sono con ogni probabilità là, in piazza, a manifestare e urlare a gran voce “lasciateci studiare”. Quando non ne hanno mai avuto il minimo interesse e mai l'avranno, solo ora si sentono privati di un irrevocabile diritto (del quale nessuno li priverà), e per non sentirsi parte del “malvagio” sistema, con tutto ciò che comporta, si schierano con le forze del presunto bene, che a tutti porterà gioia, felicità e studio (al quale comunque mai si interesseranno).
Il problema sono i professori che non hanno alcun interesse a insegnare, ai quali nulla importa dei loro studenti. Questi professori c'erano prima del decreto e ci saranno dopo. Il problema sono tutte le persone che, corrotte esse stesse fino al midollo, criticano a gran voce tutto ciò che gli scorre accanto, senza pensare minimamente di poter essere un minimo sbagliate anche loro.
Il problema sono coloro che pretendono maggiori investimenti sui singoli studenti quando essi stessi rappresentano soldi sprecati dallo stato per garantire loro il diritto allo “studio” del quale però scelgono volontariamente di non beneficiare.
In sostanza, il problema sono tutte le persone che criticano questi punti superficiali e le azioni intraprese dai vari governi senza pensare che se la scuola è così è per colpa di tutti quelli che la compongono, che contribuiscono a peggiorarla, che vanificano le poche buone azioni intraprese da qualche raro spirito che ancora vuol fare qualcosa.
Pensate che se tutti gli studenti e i professori scesi in piazza si comportassero come dicono che debbano comportarsi tutti gli altri la scuola sarebbe nelle condizioni in cui si trova? No, decisamente no. Se la scuola si trova in queste condizioni è perché ciascuno, nel suo piccolo, contribuisce a renderla un pochino peggiore. Si, sto generalizzando. Esistono persone che operano per migliorarla, come esistono persone che la peggiorano in maniera più evidente delle altre, e da questo grande equilibrio ne emerge una situazione decisamente penosa.
È per questo che una riforma non può cambiare le cose più di tanto: può solamente operare su elementi esteriori e decorativi, di valore non indispensabile. Le fondamenta della scuola siamo noi, se ad essere sbagliati siamo noi la situazione rimarrà penosa in ogni caso, se fossimo giusti non sarebbero pochi cambiamenti di poco conto a pregiudicare il nostro valore e ad impensierirci, non sortirebbero comunque nessun effetto.
Il motivo per cui ci si scaglia tanto verso questo decreto è proprio il fatto che ad essere sbagliati siamo noi. È uno dei meccanismi più usuali e banali dell'uomo. Quando c'è qualcosa che non va è estremamente difficile assumersi le proprie responsabilità e cercare di cambiare le cose, è molto più facile creare confusione e gettare la colpa ad altri, pretendendo che siano essi a dovervi rimediare.
Dovremmo quindi smettere di manifestare e accettare quello che ci viene imposto?
No, non dico questo. Dico solo che, accanto alle manifestazioni, dovremmo migliorare noi stessi, le persone che ci stanno attorno e l'ambiente che ci circonda. Non sarà un decreto a cambiare la scuola. Ma, tutti gli studenti, tutti i professori e tutte le persone che ne fanno parte possono veramente cambiarla.