giovedì 4 dicembre 2008

breve colloquio con me stesso

Parte prima: La catastrofe

Situazione disastrosa. Non ha alcun senso accanirsi contro chicchessia, davvero. Inutile gettare merda a sinistra o a destra, a Prodi o Berlusconi, a Veltroni o Bossi. Inutile pensare che sarà il prossimo, quello che ancora deve essere eletto a cambiare radicalmente le cose. Inutile pensare che sarà un Grillo o un Travaglio qualunque a trasformare l'Italia. Inutile gettare altra merda su una classe politica che ha l'indiscutibile merito di rappresentarci a dovere. Mancando le basi, mancando le fondamenta, qualunque cambiamento di facciata, qualunque presunta riforma o svolta non farà altro che vanificare le nostre speranze, per poi lasciare la situazione in condizioni pressoché identiche. A nulla serve gettare la trecentocinquantaseiesima accusa contro l'ennesimo politico, non sono servite le precedenti, pensate che una in più faccia la differenza? A nulla serve criticare aspramente coloro che ci governano, additandoli e accusandoli di tutti i mali di questa italia e di questo mondo, quando essi non sono la causa, bensì i sintomi di quanto accade. E, inoltre, quando l'accusa viene da noi, i mattoni di questo sistema, al pari di quei politici; noi, i delinquenti, sordidi e truffaldini egoisti incapaci di guardare entro il proprio giardino, credendo che l'aridità del paese sia colpa degli altri. Lo dico per l'ennesima volta, la colpa è nostra.
È uno dei meccanismi di difesa che l'uomo mette in pratica fin da piccolo: cercare di dare la colpa agli altri. È troppo difficile assumersi le proprie responsabilità, vedere che anche i nostri piccoli gesti hanno delle gravi conseguenze, che sono la piccola goccia che, unita a tante altre, forma quella devastante alluvione davanti alla quale ci ergiamo, presunti innocenti. Finché non ci renderemo conto di questo sarà inutile ogni riforma sociale o rivoluzione, che, come la storia ci insegna, porterà a conseguenze catastrofiche, lasciando ben poco di valido. Diceva Tiziano Terzani, dopo aver analizzato l'evoluzione di alcune rivoluzioni del XX secolo “La mia conclusione è che le rivoluzioni non servono. E da qui il mio passo verso l'unica rivoluzione che serve, quella dentro di te. Le altre le vedi. Le altre si ripetono, si ripetono in maniera costante, perché al fondo c'è la natura dell'uomo. E se l'uomo non cambia, se l'uomo non fa questo salto di qualità, se l'uomo non rinuncia alla violenza, al dominio della materia, al profitto, all''interesse, tutto si ripete, si ripete, si ripete.”
Inutile sperare di cambiare realmente qualcosa se i vari mattoncini del cosiddetto sistema remano contro questi cambiamenti. Siamo noi i primi a cercare egoisticamente di prevalere sull'altro, a cercare di trarre maggior profitti a scapito della comunità, a sfruttare il prossimo per soddisfare i nostri bisogni. Finché non ci rendiamo conto di questo come possiamo sperare che dall'alto si realizzi la società perfetta? Le persone che tanto critichiamo fanno esattamente come noi. Solo, hanno più potere, più possibilità e fanno le cose più in grande, ma chi ci dice che noi, al posto loro, non faremmo lo stesso? O addirittura peggio. E anche una volta riconosciuto tutto ciò (un tremendo passo avanti senz'altro) chi avrebbe realmente voglia di abbandonare i suoi privilegi? Checché se ne dica, siamo comunque noi i ricchi, gli sfruttatori; gli sfruttati non sono i presunti proletari del nostro paese, ma stanno lontano da noi, abbandonati e dimenticati. Ma, anche senza parlare di questo, già quasi nessuno si prende la briga di aprire gli occhi e continua a criticare i vertici del sistema, della politica. E, come pecore, tutti a seguire Grillo in piazza, urlare e sbraitare, sfogarsi, per giurare a sé stessi e dimostrare agli altri come si sta facendo qualcosa per cambiare le cose, come non si appartiene al sistema che fa girare male il mondo. Poi, una volta tornati a casa, ci si comporta come quelli che si critica e nel frattempo si continua a criticarli. Perché noi facciamo le cose in piccolo, non facciamo male a nessuno, sono LORO che, facendo le cose in grande, fanno male a noi tutti.
Questo modo di pensare non porta da nessuna parte. Agita solo una gran confusione intorno ad un sistema, tacitamente accettato da tutti, ma verso il quale apparentemente tutti si scagliano, per potersi giustificare, per sentirsi in pace con sé stessi, per sentirsi innocenti e vittime.

Parte seconda: La Vendetta

E qui arriviamo alla vendetta, la Vendetta. Perché chi si arrende è perduto, farebbe bene a lasciar perdere la vita, che non è fatta per i perdenti e per coloro che si arrendono. La verità è che non me ne importa nulla. Io continuerò a vivere la mia vita, a godere dei miei agi, alla faccia di tutti i poveri. A rileggerlo sembro veramente un verme. Allora siamo tutti vermi. Tutti. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Oh! Vedo un sacco di pietre! Non potete scagliarle, peccatori! Ah delirio di onnipotenza! Quando verrà giù il capo ve la farà pagare, mentitori! Però ho la netta impressione che non verrà mai giù, sono duemila anni che mi dicono così ma nulla si è mosso. Cmq questo è un altro discorso. Torniamo al punto. Siamo tutti vermi. Ahahaha! Non vedo pietre in effetti.

Parte terza: La Vera Vendetta

La vera vendetta arriva ora, la prima era solo per ridere un po'. Niente di non vero, comunque. La vera vendetta fa parte del Fabio mistico, che sembra non volersi arrendere. Tenace. Cos'è che lo spinge? Quel qualcosa, quell'eppure che ho già descritto, forse. Sarà. Non importa. La vera vendetta mi suggerisce che tante gocce d'acqua possono fare un'alluvione, ma che l'acqua serve anche per bere, e che dall'acqua nasce la vita. Non fermiamoci a guardare le cose come stanno, viviamo le nostre utopie e plasmiamo il mondo su di esse. Non servirà a nulla, ma perché non tentare? Cambiamo noi stessi, non è necessario abbandonare tutto o rinunciare alla propria vita. Forse la mia è solo codardia, forse no. Sarà che continuo a sognare qualcosa di migliore, contino a sperarlo. In Kirghisia non c'è una piramide sociale. La società è fatta a forma di sfera, dove al centro sta la vita e attorno, equidistanti, gli uomini che ad essa si affacciano. Forse senza ammettere questa presenza, questa essenza dal sapore metafisico non riuscirò mai a giustificarmi. È una debolezza mia, oppure è una debolezza di chi sente il bisogno di una giustificazione. Possiamo comunque rimanere fermi, immobili e adagiarci su questo sistema, accettarlo tacitamente e urlare contro di esso. Io aspiro a scegliere di no. Se non altro son quasi modesto.

Parte quinta: Dov'è finita la quarta?

Non lo so.
Però al di là di tutto questo feroce pessimismo penso sia opportuno chiudere gli occhi e riaprirli alla Vita. Non importa davvero di tutto il resto. Finché si riesce a vivere il proprio piccolo attimo di eternità, finché la vita si realizza. Allora si scopre che tutto quanto di è detto prima conta ben poco, la speranza può risorgere, e non è nemmeno speranza in senso canonico, è fiducia forse. Le speculazioni filosofiche si annullano di fronte alla vita vissuta. Ed è per questo che chiudo qua e ora, felice, mi accorgo che non ha senso scrivere. Non lascerò ai posteri il mio fugace ricordo, ma nel mio piccolo farò qualcosa di senz'altro più grande.
Buona notte.

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