mercoledì 28 gennaio 2009

Giornata della memoria

Oggi (ieri :-P) è la giornata della memoria, e in classe abbiamo visto un documentario tratto da “palco e retropalco” (o qualcosa del genere, una trasmissione rai comunque) sull'argomento, che ripercorreva alcuni momenti della shoah e illustrava in maniera cruda e toccante quello che è stato il genocidio ebraico.
Da questa pagina della storia sono rimasto sempre colpito, colpito e amareggiato. Ma non è di questo che voglio parlare, se ne è dibattuto sempre molto, e in maniera decisamente migliore di come potrei farlo io. Però guardando quel video oggi non ho potuto fare a meno di pensare all'eredità che ci è rimasta di tutto ciò. Un grande senso di colpa, uno sguardo delicato e compassionevole verso il popolo ebreo, il popolo vittima, a cui tutto si deve restituire. E se penso che quasi 7 milioni di ebrei sono morti per ottenere ciò che accade ora in israele/palestina, penso quasi siano morti inutilmente. Ho sollecitato l'argomento in classe, menzionando alcuni dei numerosi crimini commessi dallo stato israeliano, che non sono solo crimini di guerra, sono crimini contro l'umanità intera. Ho accennato ai numerosi richiami fatti dall'onu verso israele, i quali sono tutti caduti nel nulla, e nessuno (per lo meno tra i “potenti”) si è schierato apertamente contro questo fatto, contro la presunzione di uno stato che si reputa sopra a tutti gli altri, sopra alle più basilari regole dettate dal buon senso o anche solo dal rispetto per la vita. Ho fatto notare come, mentre i soldati nazisti uccidevano 20 ebrei per ogni soldato nazista morto, gli israeliani uccidano 1500 palestinesi contro 4 o 5 ebrei morti. La risposta che ho ottenuto è stata sconfortante. La mia prof ha detto di conoscere già questi fatti, ma che ciò non deve minimamente intaccare il ricordo di 7 milioni di ebrei sterminati senza nessun motivo, a tavolino. Lungi da me il volerlo fare, questa pagina è e deve rimanere una pagina indelebile, ferma nei nostri pensieri e far parte del bagaglio con cui ci apprestiamo a guardare il presente (come tutte la storia dovrebbe essere per noi). Ed è proprio per questo che quanto avviene ora in palestina è un oltraggio alla memoria di quegli ebrei. Che non avevano nulla a che fare con quelli che sterminano civili in palestina oggi, sia ben chiaro. Oltre ciò mi è stato detto “cosa possiamo fare noi?”. Io ho sollecitato a informarsi, a diffondere queste notizie, ragionare insieme, dibattere, conoscere, formare il proprio spirito critico e maturare una maggiore consapevolezza con cui porsi di fronte al mondo. “Sì, belle parole, ma cosa possiamo fare di concreto? Queste decisioni non competono a noi, che non possiamo fare altre che rimanere indignati da ciò che compiono i capi di stato. Ma noi non ne siamo responsabili, e ha poco senso porre queste questioni qui e ora, quando non ci competono e non possiamo farci assolutamente nulla”. È vero, non possiamo farci nulla. Però questo è l'atteggiamento che ha portato noi tutti, il mondo intero, nella situazione in cui si trova, ci troviamo. Cosa possiamo fare di concreto? Io rimango convinto che ciò che accade ai piani alti sia solamente lo specchio di ciò che accade in noi. E penso che delle grandi ingiustizie che accadano, una piccola parte della colpa me la debba addossare proprio io. Perché io non sono migliore di quei capi di stato che tanto mi piace criticare. Almeno, non lo sarò finché non potrò considerarmi “pulito” sotto ogni aspetto. E per fare ciò la via è quasi impossibile, va dal rinunciare ad ogni atteggiamento egoista, fino al rinunciare ai benesseri che derivano dallo sfruttamento di altri uomini (e, nel primo mondo in cui vivo, significa rinunciare quasi a tutto). È vero, di concreto non possiamo fare nulla. Nulla. È sconfortante. Il mondo non può cambiare. Ciò che avviene in Palestina non dipende da me, e nulla posso fare per risolvere, anche in minima parte, le cose. Ma guai a farsi fermare da questo. Come diceva Erich Fromm “Non spetta a noi completare l'opera, ma non abbiamo il diritto di astenerci dall'iniziarla”. E anche se non dovesse essere mai completata, chiuderci dietro ad un “cosa possiamo fare di concreto?” significa condannare lo spirito dell'uomo, condannare la speranza, condannare sé stessi e tutti gli altri, mascherandosi dietro alla propria presunta impotenza. Se è vero che a fermare la guerra non possiamo essere noi (“cosa dovremmo fare, scendere tutti e manifestare in piazza? Credi forse che qualcuno ci ascolterebbe?”), forse anche solo spingendo un'altra persona a riflettere sulla questione, e partendo da questa a pensare in maniera più consapevole e lungimirante, potremmo compiere qualcosa di senz'altro utile e, in un certo modo, grande. Questo continuo giustificazionismo, questo deresponsabilizzarsi ci aiuta sempre a ergerci di fronte alle ingiustizie del mondo, noi, presunti Buoni e Giusti della situazione, che ci ritroviamo da soli e impotenti a combattere contro un mondo di Cattivi e Ingiusti. Non stanno così le cose, affatto, sebbene ci sia molto più comodo crederlo.
Il discorso è ancora ben lungo, queste sono solo alcune riflessioni a caldo. Nella speranza di scrivere qualcosa di più esaustivo a breve, ora mi dedico alla mia triste attività scolastica (triste finché rimane semplice memorizzazione e studio mnemonico di materie pressoché inutili).
Buona giornata

Nessun commento: