lunedì 22 dicembre 2008

Elogio della diversità

“Le vie del Signore sono infinite” (un qualunque prete che cita un qualunque altro personaggio pseudocattolico inconsapevolmente credente o credulone che dir si voglia).
Beh non è del tutto sbagliata come frase. Di certo non si riferisce al mio Signore, alla mia personale idea di Dio o chiamatelo come volete, non è questo il punto. Elogio della diversità, della follia direbbe Erasmo da Rotterdam.
Per quel poco che ho letto di filosofia non ho fatto altro che vedere un continuo demolire le filosofie precedenti, abbatterle ed assumere la propria come quella finalmente giusta. Quindi anche dopo che avrò scritto queste righe ci sarà qualcuno pronto a demolire quanto ho detto, ed avrà immancabilmente ragione. E dopo di lui qualcuno abbatterà le sue idee, non senza torto. Dunque chi ha ragione? Nessuno? Risposta sbagliata, tutti. Come si può criticare l'idea di bene platonica? Come si può demolire il motore immobile aristotelico? Come si può tacciare di fasullità l'assoluto di Schelling? Il Dio di Agostino, l'Io fichtiano, l'uno plotinico, l'atomismo democriteo, la fisica newtoniana?
La verità è che hanno tutti ragione, in egual modo. La verità è che la loro realtà era perfettamente quella, nonostante le filosofie precedenti e quelle successive, nonostante gli scettici, nonostante coloro che affermavano l'esatto contrario. Anche lo scetticismo è una verità, anche il nichilismo è una verità. La strada che conduce al proprio, unico e personale, modo di vedere la vita. Ed è un modo immancabilmente giusto. La realtà è soggettiva, la realtà è quella in cui crediamo. E quella che creiamo è quella che è, quella che è è quella che creiamo. Idealismo? Non solo, non proprio. La via per il proprio destino, per la propria verità è una sola, la nostra. E può trarre da altre vie, incrociarle, distaccarsene e riavvicinarvisi, ma, proprio perché misto di mille altre idee ma di quelle precisamente, non di altre, rimarrà unica, originale e assolutamente propria. Ad ascoltare gli altri sembra che ognuno possegga La Verità. E debba insegnarla agli altri, portarli sulla retta via. Perché quando tutti saranno su quella via, si dirigeranno tutti verso la verità. No, affatto. La propria verità è assolutamente sbagliata per gli altri. Certo, è utile il confronto, è utile condividere, accettare, rifiutare, in parte o in toto, quello che dicono e pensano gli altri. E questa scelta andrà comunque a condizionare e a far parte del nostro sentiero. Che ha come unico fine quello della realizzazione e del compimento della propria vita. Null'altro si può dire. Che uno voglia realizzare la propria vita con la santità o il suicidio è affar suo. Che uno incontri la perfetta e piena consapevolezza nella matematica, nella musica, nell'ascetismo o nella filosofia non ha importanza. Non si tratta solamente di ruolo sociale o professione, è un discorso molto più profondo e radicato. Ciascuno emette giudizi sugli altri raffrontandoli alla propria condotta ideale, al proprio metro di giudizio, alle proprie sensazioni. Ma siamo tutti profondamente diversi. Il proprio metro di giudizio, la propria condotta ideale è appunto, propria, inadatta a tutti gli altri. Dal mio punto di vista trovo bizzarro come qualcuno possa dedicare la sua vita alla matematica o alla fisica, all'informatica o alla biologia (brrr). Chi sono io per biasimarli? La verità è che la loro vita sta lì, nelle loro aspirazioni, nei loro personali talenti, unici, originali e, forse, divini. E se Schelling coglieva l'assoluto con l'arte, Mozart con la musica, Newton con la fisica e Galileo nelle stelle...io lo colgo quando apro gli occhi e, guardando il cielo, le stelle, quegli occhi...ascoltando la musica, il vento, gli uccelli...toccando l'erba, accarezzando l'acqua o il candore della pelle umana...nel sapore di un bacio, nel sentore di una vibrazione, nell'azzerare tutto e sentire solo il battito del mio cuore...io...non posso fare a meno di sentire la strepitosa e grandiosa immensità di tutto ciò, e so che tutto questo è mio, mio, solo mio, e di tutti quelli che percorrono la propria strada e che forse incontrerò lassù, o che incontrerò quaggiù, o che, forse, non sono nulla di diverso, null'altro rispetto a me.

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