venerdì 24 ottobre 2008

Clausola di manleva

Nei contratti che un qualunque giornalista deve firmare per poter pubblicare i suoi articoli è presente un breve cavillo legale che prende il nome di “clausola di manleva”. In poche parole afferma che il giornalista si assume ogni responsabilità giuridica e legale delle sue opere, permettendo all'editore di scaricare su di lui ogni eventuale accusa o citazione in giudizio o cose del genere. Qualcosa di poco conto, dite voi?
Ebbene, provate a pensare al giornalista, padre di famiglia, con una sola casa, con in mano un interessante quanto intraprendente articolo che va a colpire qualche colosso industriale, mostrando qualche trama di illegalità, qualche evidente corruzione, qualche immorale e inaccettabile condotta. Una notizia di forte interesse pubblico e sociale, quindi. Questo giornalista, quando vorrà pubblicare il suo articolo è posto dinanzi ad un terribile dubbio: lasciare lo scritto nella sua già straripante pila fatta di pagine e pagine di informazioni per cui ha sudato, su cui ha investito energie, in cui ha creduto e tuttora crede, oppure andare allo sbaraglio, pubblicarlo e sfidare, solo contro tutti, i grandi colossi, i “potenti”. Questa persona è, appunto, sola contro tutti. Accettando la clausola di cui sopra (accettazione indispensabile per ottenere il contratto e la pubblicazione delle proprie opere) si assume ogni responsabilità. Ciò significa che coloro che saranno colpiti dall'articolo lo attaccheranno legalmente (diffamazione, citazione in giudizio...) ed egli si dovrà difendere DA SOLO, dovrà pagarsi l'avvocato di tasca propria e nel caso anche risarcire i danneggiati. Ora, mi dite voi quale, pur intrepido e temerario, essere umano decide di rischiare non sé stesso, ma la propria professione e soprattutto il futuro della propria famiglia per un banale articolo?
E gli editori non si assumono nessuna responsabilità, non hanno nessun interesse a farlo, e comunque accade quasi sempre che i servizi tv e gli articoli vengano prima vagliati da attenti avvocati pronti a respingerli se dovessero comportare il remoto rischio di grane legali.
In questa dannosa situazione si trovano molti giornalisti, molte persone che vorrebbero esprimere la propria opinione ma vivono costantemente con questa spada di damocle sulla testa, con il costante rischio di potersi ritrovare soli ad affrontare un qualche colosso a cui poco importerà della tua situazione ma che vorrà rifarsi dei danni subiti. Purtroppo spesso a nulla serve che l'articolo tratti cose semplicemente VERE, di interesse pubblico e apparentemente incontestabili. La causa può essere facilmente persa, se ad opporsi ci sono squadroni di avvocati, magistrati corrotti, che, nonostante la genuinità di quando detto possono farti perdere solamente perché hai violato la privacy. Ok, hai svelato qualcosa di terribile, però hai violato la privacy e questo è ancora meno accettabile!
Dove va a finire la libera informazione? Dove va a finire l'onestà intellettuale? Per quanto valorosi e intrepidi siano, nessuno può biasimare una persona che sceglie di tutelare la propria famiglia (oltre che la propria vita).

Un sentito e dovuto ringraziamento a Paolo Barnard, che mi ha ispirato a scrivere questo intervento, e che denuncia (purtroppo senza essere ascoltato) molto meglio di me tutto questo, vivendolo anche in prima persona. Vi invito ad informarvi sulla sua questione (potete trovare quanto volete su google video scrivendo "censura legale paolo barnard")

2 commenti:

Andrea Sacchini ha detto...

Mi occupai a suo tempo anch'io della vicenda. Una vicenda che mi lasciò - sono sincero - un po' l'amaro in bocca, più che altro per il comportamento della Gabanelli.

Ciao.

Fabio ha detto...

Una delle cose più terribili è che ora la discussione che trattava l'argomento è stata cancellata e molti utenti sono stati bannati dal forum di report. Che, come dice Barnard, è un forum pubblico, di un ente pubblico. La cosa è spaventosa, soprattutto perché a farlo sono quelli che si dicono e vengono riconosciuti paladini dell'informazione libera.