martedì 3 marzo 2009

Dialogo: scienza vs filosofia (apogeo del tempo imperfetto nella descrizione iniziale)

Il sole tramontava, si spegnevano in lontananza gli ultimi tenui raggi della cocente luce estiva, e le ombre si allungavano sul paesaggio di Atene. Nella dimora di Eracleo molte voci si accavallavano, la musica non lasciava intatto un solo secondo di silenzio, cibi squisiti passavano dalle bocche degli invitati alla cena, il vino iniziava già a fare effetto.
Carmide richiamò su di sé l'attenzione generale, e si volse al padrone di casa. “Su Eracleo, tocca a te, esponici quanto ci avevi accennato prima, ma fallo con minuzia e in maniera convincente ed esaustiva, altrimenti tutti ti attaccheranno!”
“Ebbene, qual era l'argomento del nostro dibattito? Rinfrescatemi la memoria!”
La parola fu presa da Demodoco. “Guarda la realtà. Osservala. Con scrupolo appuntati le tue osservazioni sul particolare e traine leggi sui meccanismi generali, riconduci il particolare all'universale. Perché è questo che dobbiamo fare, non lasciare nulla al caso, usare un metodo, il metodo scientifico, e formulare le nostre leggi, che sono le stesse secondo cui si svolge la realtà. Il libro della natura è scritto in lingua matematica. La matematica, la geometria, la fisica, sono non solo i modi in cui noi studiamo la realtà, ma i modi stessi in cui essa si esprime, si svolge.”
A queste parole ribatté Carmide. “E come è possibile tutto ciò? Non è la matematica una rappresentazione dell'uomo?”
“La matematica è l'uomo che si è fatto trasparente, la realtà che si è annullata e ha svelato la sua più intima essenza. La matematica è la più intima essenza del reale. Ciò è provato innanzitutto dal semplice fatto che funziona. Ciò che prevediamo grazie alle nostre leggi, lo vediamo poi verificato come secondo i nostri calcoli. La scrupolosa osservazione degli eventi ci ha portato a descrivere il loro svolgimento e a prevederlo. Questo svolgimento è dato dalle cause che lo hanno messo in atto, e dalle condizioni che lo influenzano, esse stesse formanti ulteriori cause. Abbiamo così delineato la categoria della causalità, il principio secondo cui, ad una determinata causa, corrisponde un determinato effetto.”
Riprese la parola Carmide. “Dunque la scienza è una esatta descrizione del reale? Questo tu dici?”
Demodoco sorrise, e asserì: “Certamente. E come prima ho detto ciò è verificato dal fatto che funziona. L'edificio della scienza si è andato costruendo piano piano, mattone su mattone, dopo aver accuratamente verificato l'esattezza di ogni singola proposizione. Come negare l'esattezza di una legge fisica? Come negare l'efficacia di una previsione scientifica? La scienza è dapprima empirica, basata su sensate esperienze e certe dimostrazioni. Poi arriva a delineare quel quadro di ampio respiro che va a descrivere la realtà e a permetterci di interagire con essa, di controllarla, di dominarla, facendo in modo che possiamo servircene per i nostri brillanti scopi.”
“Quindi quale è il fine della scienza?”
“Il fine della scienza è ottenere una conoscenza in grado di permetterci di controllare e dominare la natura, ampliando le nostre possibilità e garantendoci una vita senz'altro migliore, più agevole, senza dover pensare a problemi secondari quali, ad esempio, la sopravvivenza fisica.”
Eracleo intervenne ed esclamò con pacato fervore: “Quello che tu dici mi pare terribile. Non solo parlando dei fini della scienza, ma anche per quanto riguarda la presunta esattezza del tuo metodo.”
“Presunta?”
“Presunta. Da dove deriverebbe l'incontestabilità del tuo metodo? Un sistema, benché internamente coerente, non trova la sua dimostrazione al suo interno. Se così non fosse, ciò ci permetterebbe di creare sistemi assurdi, che arriverebbero a giustificare cose altrettanto assurde. No, la verità che attribuisci alla scienza è basata su fallaci supposizioni.”
“Non negherai mica l'esattezza dei principi fisici? O la certezza matematica? Prendiamo un banalissimo esempio: Un calcolo può facilmente dimostrare come avverrà il moto di questo corpo se lo lasciassi cadere a terra. Come puoi dire che ciò non è esatto? Lo studio dell'accelerazione, della forza di gravità, della forza d'attrito, concorrono a descrivere con sempre maggiore precisione quel moto, fino a giungere alla completa esattezza, in un sistema che prende in considerazione tutte le possibili variabili. Certo puoi criticare l'impossibilità di una sua totale applicazione, ma non la sua esattezza teoretica.”
“Vedi, Demodoco. La coerenza della fisica e della matematica non le metto in dubbio. Essi sono sistemi creati dall'uomo, sue rappresentazioni, e al loro interno sono coerenti e ampiamente giustificate. Ciò su cui pongo l'accento è la loro non necessaria corrispondenza con la realtà. Tu mi parli di esattezza della descrizione scientifica di un evento. Ma la descrizione è necessariamente una rappresentazione umana, e, come tale, non trova un ontologico riscontro. È una rappresentazione, una semplificazione, la visione, secondo quelle che sono le categorie dell'uomo, di un evento. La stessa parola 'evento' può trarci in inganno, pensando di poterlo esaurire all'interno di termini, fredde parole. In realtà, ogni descrizione, per quanto accurata, è una semplificazione. La scienza non ha tanto valore conoscitivo, quanto pratico. Ciò affermo con forza e convinzione.”
“Tu stai delirando. Come può non avere valore conoscitivo quando rappresenta la realtà?”
“Primo. In quanto rappresentazione non è esente da errore. L'edificio della scienza da te decantato è più volte crollato in seguito a nuove scoperte, e verità fino ad allora incontestabili hanno perduto ogni validità. Cosa ci dice che tutto quanto tu ora assumi come vero non è destinato a crollare nuovamente? Secondo. Tu assumi il metodo scientifico come incontestabilmente valido. Ma ciò è dogmatico, va contro quello che tu stesso affermi, e trovi la giustificazione al tuo metodo unicamente al suo interno, secondo i tuoi stessi strumenti, che tu elevi a principio insindacabile di verità, senza alcuna giustificazione. Infine, una rappresentazione non è la realtà. Ciò che tu affermi, e pensi di dimostrare, non trova ontologico riscontro. Come tu credi che esista la forza di gravità, io posso controbattere che esista un Dio, come tra l'altro dimostrato da taluni filosofi. Chi ha ragione? Tu mi puoi dire che la tua forza è dimostrata dai suoi effetti. Ebbene, anche Dio può essere dimostrato come causa prima necessaria del mondo, raggiungibile risalendo tutta la catena causa-effetto. E per molte persone, in innumerevoli periodi storici la mia ipotesi era senz'altro più quotata della tua. E ora siamo arrivati all'apogeo della scienza, è vero. Ma cosa ci dice che non verrà anch'essa sostituita da qualcos'altro? In fondo essa si rivela essere solo strumento, se trovassimo qualcosa in grado di darci maggiore efficacia pratica seguiremmo quell'altra via, abbandonando senza fallo la scienza.”
Demodoco, un po' scosso, si fermò a riflettere. Intervenne Carmide. “Come puoi supporre che non esista la forza di gravità?”
“Io faccio l'esatto opposto. Io suppongo che essa esista. E in base a ciò traggo le mie conclusioni, ne derivo alcune leggi scientifiche che hanno però il carattere di supposizioni, trovano valore pratico. È in questo che nego il suo valore conoscitivo, rimanendo comunque fiducioso nel metodo scientifico e nella sua applicazione.”
Demodoco si ridestò dal suo silenzio e rispose. “Tu sostieni la fallacia della scienza. Come rispondi al fatto che essa si ritrovi alla fine di un progressivo e lungo percorso di conoscenza?”
“E come puoi tu sostenere che questo momento sia quello definitivo? Ogni epoca crede di aver raggiunto la verità, ed ogni epoca viene irrimediabilmente smentita da quella successiva.”
“Però non neghi ciò che ho io affermato sugli scopi della scienza, sull'obiettivo di dominio e controllo della scienza sulla natura.”
“Vedi, qui occorre compiere una riflessione. Sul piano pratico la scienza trova efficacia, è vero. Ma quello che mi sento ora di attaccare è proprio lo scopo che tu persegui, il dominio della natura per la realizzazione dei tuoi scopi.”
“Sapere è potere. E tu stesso hai detto di approvare la scienza nel suo valore pratico.”
“La ritengo valida, sì. Ma, semplicemente, non mi interessa. Qualora i nostri interessi si dovessero incontrare potrei anche appoggiarla, ma ciò non è ancora accaduto. A cosa serve raggiungere la Luna se non siamo in grado di stare sulla Terra? A quale pro perseguire il progresso scientifico distogliendo la nostra attenzione da quanto abbiamo di più importante, e ci sfugge? Che beneficio ci porta guadagnare la vita eterna se non siamo in grado di godere della magnificenza di ogni singolo attimo? Questo io affermo, questo è il mio scopo, questa è ciò che perseguo, in ogni istante della mia esistenza. La scienza è volta altrove. Ritengo di poca importanza il progresso. Ritengo che la scienza possa portare addirittura allo sfacelo della natura, questo non mi pare un buon obiettivo da perseguire. Potrebbero arrivare tempi in cui rispetto per la natura significhi danneggiarla il meno possibile, come se l'uomo dovesse necessariamente scontrarsi con essa e i limiti che essa gli pone. No, essa non mi pone dei limiti. Sono io che me li pongo, per mia scelta, per mia inettitudine o incapacità di volgere il mio sguardo oltre, oltre la materialità e, forse, oltre il mio ego e la mia superbia, per andare entro la mia coscienza. Questo è quello che voglio fare, abbandonare la scienza, e, forse, anche la filosofia. Voglio ritrovarmi ad essere unicamente uomo, nudo, dopo aver demolito ogni possibile sistema, ogni possibile rappresentazione, da quelle meramente scientifiche a quelle filosofiche. Lì sorgerà la mia vera natura, la parte più grande di me, come una piccola ginestra, incontestabile luce dinanzi al buio dell'esistenza, e lì questa luce proverà la sua grandezza, il suo valore, il suo essere luce, pura luce, il suo trovare energia, volontà di vivere nonostante tutto il resto, nonostante la materialità, nonostante lo scetticismo, il nichilismo, l'apparenza, il nulla, la noia, nonostante tutto. E luce sarà.”

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