giovedì 30 ottobre 2008

Decreto e manifestazioni (parte seconda)

Chi non si dichiara apertamente “controriformista” viene subito etichettato come riformista, QUINDI a favore del governo, ERGO responsabile della penosa situazione in cui ci ritroviamo. Non si fanno sfumature tra le due posizioni, provate ad osservare i controriformisti all'opera: alla ricerca di un riformista a cui imputare tutti i mali del mondo e su cui scaricare le proprie frustrazioni. Per certi versi è ciò che si fa con i vari politici, ciò che si realizza con le azioni dei vari Grillo&co, ci si può agilmente DERESPONSABILIZZARE. È molto più facile scaricare le colpe della collettività solo su una parte di essa, sul fantomatico sistema cui ci si oppone, fieri membri dell'antisistema. Però queste persone non sono in nulla meglio di coloro che tanto criticano e a cui tanto si oppongono, al loro posto probabilmente si comporterebbero in modo molto, molto simile. 
Per non sentirsi responsabili delle condizioni in cui versa la società la gente si scaglia contro il sistema, si scaglia contro la classe politica, additando ad essi le varie colpe, e si enuncia con fervore la propria appartenenza all'antisistema. Tutto ciò non è altro che scaricare le colpe su altri. Le classi politiche, le Caste di cui tanto si vocifera non sono le cause, bensì i SINTOMI. Ad essere sbagliati non sono i politici, siamo noi. È inutile pensare di poter cambiare qualcosa dall'alto, invocando epici risolutori o auspicando una rivoluzione dall'alto. Tutto ciò non porterebbe a nulla, in quanto mancherebbero le fondamenta su cui basarsi per migliorare la società. Molti di coloro che manifestano, se messi al posto di coloro che criticano, non migliorerebbero le cose, affatto. Questo non lo dico solo io, ce lo ha insegnato la storia. La rivoluzione francese in pochi anni ha completamente ribaltato e rovesciato il sistema precedente, ha diffuso ideali democratici, ma in quei pochi anni è riuscita a instaurare una condizione PEGGIORE della precedente. Questo perché mancavano le basi, mancava la consapevolezza da parte del popolo INTERO. È precisamente ciò che descrive magistralmente Orwell nella sua “Fattoria degli animali”. La rivoluzione non può partire dall'alto.

Se ad essere sbagliati siamo noi, gli individui, la rivoluzione deve partire da noi. Siamo noi a dover rivoluzionare noi stessi. Il sistema in cui viviamo lo abbiamo scelto, forse inconsapevolmente, però lo abbiamo scelto, e ad esso ci aggrappiamo, ad esso siamo terribilmente affezionati e di esso non potremmo fare a meno.
Quello di cui parlo non è una immobilità politica, uno star fermi, chini e a testa bassa a sopportare quanto ci viene imposto, no. Quello di cui parlo è iniziare a vivere in un'ottica sociale. Iniziare a PENSARE, ciò che sempre più ci vogliono impedire (e quel vogliono non è riferito ad una ristretta cerchia di abili manovratori, ma a noi stessi). Solo allora, quando ci saranno esseri umani a popolare la terra, si potrà fondare una società basata sull'uomo, anziché sul profitto.

mercoledì 29 ottobre 2008

Decreto e manifestazioni (parte prima)

“Domani tutti in piazza a manifestare, domani faremo valere i nostri diritti!” Segue un interminabile serie di slogan, da “più tagli più ragli” a “la Gelmini mangia i bambini”...patetico.
Patetico non riferito alla manifestazione in sé, reputo estremamente positivo esternare le proprie opinioni, anziché tenerle chiuse nel cassetto, mi colma di speranza vedere tanti giovani (parlo come un vecchio XD) che lottano per far valere le proprie idee.
Il patetico è riferito a ciò che in realtà vedo, a chi protesta e in quali modi lo fa.
Parto da una premessa, fondamentale, non sono d'accordo con la maggior parte dei punti di questo decreto. Reputo sbagliato tagliare fondi ad una scuola che è già quella meno finanziata d'europa, mandare a casa migliaia e migliaia di lavoratori, creare classi ponte di “emarginati” che faranno sicuramente fatica ad integrarsi con la società.
Il punto è che la stragrande maggioranza della gente che protesta lo fa senza consapevolezza, senza cognizione di causa, senza aver ragionato sulla questione e senza avere il diritto morale di poter pretendere qualcosa in più di quello che lo stato vuole fornire loro. 
Molti soldi investiti nella scuola sono sprecati. Come? Docenti incompetenti, personale inutile e sovrabbondante, corsi universitari con meno di cinque iscritti o con materie di interesse tendente al nullo...Si parla tanto del fatto che non si possono mandare per la strada migliaia di persone, ma da quando tutti si fanno carico dei diritti dei lavoratori? Mi suona decisamente nuova. E non mi tiro indietro se devo dire che molti degli insegnanti che ho, ho avuto o di cui semplicemente ho sentito parlare, farebbero meglio a scegliersi un altro lavoro, in quanto totalmente inqualificati per quello che è un ruolo che richiede una grande preparazione, non solo sulla materia, ma anche sul metodo, sul valore pedagogico del proprio mestiere. Il personale scolastico potrebbe essere ridotto senza perdite dal punto di vista dell'apprendimento (il ministero dell'istruzione ha il compito di fornire istruzione appunto, non posti di lavoro), ci sono tantissimi bidelli che semplicemente passano il tempo a leggere il giornale e chiaccherare, ci sono assistenti la cui utilità si limita al nulla più totale, c'è personale il cui ruolo non è mai stato ben identificato e che viene pagato per dedicarsi all'attività del dolce far niente. Visti in quest'ottica tutti i tagli previsti sinceramente hanno un altro peso.
Ma quello che è l'argomento più importante è il fatto che molte delle persone che protestano e rivendicano diritti farebbero meglio a stare zitte. Io ne conosco molte e con molte di queste mi vedo quasi tutti i giorni. I soldi che lo stato investe per questi studenti sono soldi SPRECATI. È inutile, sbagliato e ingiusto protestare contro questi tagli, se a protestare sono persone che non sfruttano neanche quel poco che gli viene concesso, andando a scuola solo per scaldare il banco, spinti avanti a calci nel culo, senza nessun interesse per la cultura ma attratti dalla moda tutta italiana di proseguire e proseguire gli studi per acquisire una presunta cultura che non servirà mai loro. Questo è lo spreco principale della scuola. E quando sento gente protestare, gente che dice che vuole studiare, penso a quanto molte di queste persone (non tutte) siano PATETICHE, ridicole.
Per ogni iscritto ad un corso universitario lo stato ha da pagare delle cifre non indifferenti che, moltiplicate per tutti gli studenti che dell'università proprio se ne fregano (marinando i corsi, ritirandosi dopo pochi mesi o dopo un solo anno), fanno uno spreco estremamente rilevante. Tutte gli studenti che sistematicamente “fanno buco” e trattano la scuola come un pesante obbligo, un'aspra e dura imposizione, sono milioni e milioni di euro sprecati. A scuola semplicemente non ci dovrebbero andare, e non hanno nessun diritto di pretendere e pretendere, quando sono solamente un peso per tutti gli altri.
Andare a scuola è un diritto, ma allo stesso tempo un DOVERE. Chi va a scuola deve dedicargli il giusto impegno, deve non solo guardare a cosa gli è dovuto ma anche a cosa deve a chi gli dà l'opportunità di studiare. Studiare è un'opportunità, non qualcosa che spetta a tutti e che tutti devono sopportare per un certo numero di anni prima di iniziare a lavorare. Chi la pensa diversamente ha tutte le possibilità di lavoro che vuole, può darsi da fare e cercare il suo ruolo nella società. La società deve offrire a tutti la possibilità di studiare ma ciascuno deve volerlo veramente e meritarselo se no può benissimo dedicarsi a qualcos'altro.

È quando penso a tutte quelle persone che, leggendo quegli slogan e pensando alle varie manifestazioni, non riesco a non pensare quanto tutto ciò sia patetico.


CONTINUA (o almeno me lo auguro, ho già buttato giù qualcosa ma la voglia di continuare rasenta lo zero assoluto)

Nell'ombra

Nell'ombra si consumano i delitti peggiori, le atrocità più tremende, nell'ombra muoiono tutti i giorni milioni di persone, ma nell'ombra nessuno giunge e di ciò che vi accade nessuno parla.

Oggi ascoltavo le parole di un sociologo (di cui non ricordo il nome) sul problema della disinformazione, sul fatto che fanno più notizia le informazioni che riguardano alcuni borghesotti rispetto a quelle che coinvolgono il proletariato italiano, la grande massa di operai, braccianti, poveracci che versano in precarie condizioni nel nostro paese.
E neanche una parola spesa per quello che è il vero proletariato di questo mondo. I veri borghesi non sono quegli sparuti personaggi che si ergono di poco sopra la classe medio-bassa della nostra società (dove per società intendo il nostro cosiddetto primo o secondo mondo). I veri borghesi sono tutti coloro che abitano questo primo e secondo mondo. Il vero proletariato è “nel terzo mondo, lontano dagli occhi lontano dal cuore” (parole del compianto Luca Abort...). Il vero proletariato non esiste per noi, è qualcosa di talmente lontano da aver perso ogni realtà, ogni consistenza, ogni valore.

La nostra società si basa su di un consumo feroce ed estenuante delle risorse, da parte di una minoranza di persone, in quanto il pianeta stesso non sarebbe in grado di sostenere un ritmo così incessante ed elevato. Quindi questa minoranza di persone relega alla stragrande maggioranza l'onere di vivere di stenti, morire di fame, consumare una infima parte dei prodotti del pianeta, per beneficiare di tutto il resto.

Ok, lo so, è un'analisi banale, già nota a tutti. Ma il fatto sorprendente è che...è nota a tutti, e nessuno fa nulla per smuovere la situazione, tutti si sentono animati da un'altezzosa pietà per pochi attimi, per poi tornare a volgere lo sguardo verso il proprio mondo, di cui tutte queste persone non fanno parte. Ma di cui questo mondo non può fare a meno. È talmente scontato che non è più di alcun interesse, ormai si pensa a tutt'altro, delegando quest'animosa pietà ad alcuni momenti in cui, dopo una minima quanto inutile donazione, ci si sente tanto buoni, altruisti, ci si sente superiori a tutto il resto del mondo, comprese quelle persone che soffrono per farci vivere così bene, senza averlo scelto, vittime soltanto della malasorte.
Tutti noi siamo tra queste persone, io compreso, e probabilmente non possiamo fare nulla per cambiare le cose o, quasi certamente, non ne abbiamo né il coraggio né la voglia, dovremmo combattere con il nostro ego, con i nostri condizionamenti, con la nostra società, con il nostro livello sociale, di cui tanto ci lamentiamo ma di cui non possiamo proprio fare a meno e al quale ci teniamo sempre ben stretti. Perché ho scritto questo? Il mondo si divide in due tipi di persone: coloro che non sanno e coloro che non sanno di non sapere :-P . Lungi dal pretendere di appartenere al primo tipo, mi accontento di pensare quanto schifo facciamo, quando pretendiamo che lo schifo sia altrove, quanto siamo noi gli artefici, mentre pensiamo di essere solamente vittime.

PS Ho lasciato attiva la modalità “Pessimismo” mentre scrivevo queste immane sequele di cavolate, quindi non badateci troppo e sappiate che sono solamente sfoghi (dove li scrivo se non qua???), anche io dopo questi posso tranquillamente e spensieratamente volgere lo sguardo altrove...!
PPS è decisamente tardi, ho abbandonato lo studio della chimica e non sono proprio in vena di scrivere decentemente quindi perdonatemi e non fateci troppo caso, sono solo pensieri sparsi in vista di un futuro riordinamento :-P

venerdì 24 ottobre 2008

Clausola di manleva

Nei contratti che un qualunque giornalista deve firmare per poter pubblicare i suoi articoli è presente un breve cavillo legale che prende il nome di “clausola di manleva”. In poche parole afferma che il giornalista si assume ogni responsabilità giuridica e legale delle sue opere, permettendo all'editore di scaricare su di lui ogni eventuale accusa o citazione in giudizio o cose del genere. Qualcosa di poco conto, dite voi?
Ebbene, provate a pensare al giornalista, padre di famiglia, con una sola casa, con in mano un interessante quanto intraprendente articolo che va a colpire qualche colosso industriale, mostrando qualche trama di illegalità, qualche evidente corruzione, qualche immorale e inaccettabile condotta. Una notizia di forte interesse pubblico e sociale, quindi. Questo giornalista, quando vorrà pubblicare il suo articolo è posto dinanzi ad un terribile dubbio: lasciare lo scritto nella sua già straripante pila fatta di pagine e pagine di informazioni per cui ha sudato, su cui ha investito energie, in cui ha creduto e tuttora crede, oppure andare allo sbaraglio, pubblicarlo e sfidare, solo contro tutti, i grandi colossi, i “potenti”. Questa persona è, appunto, sola contro tutti. Accettando la clausola di cui sopra (accettazione indispensabile per ottenere il contratto e la pubblicazione delle proprie opere) si assume ogni responsabilità. Ciò significa che coloro che saranno colpiti dall'articolo lo attaccheranno legalmente (diffamazione, citazione in giudizio...) ed egli si dovrà difendere DA SOLO, dovrà pagarsi l'avvocato di tasca propria e nel caso anche risarcire i danneggiati. Ora, mi dite voi quale, pur intrepido e temerario, essere umano decide di rischiare non sé stesso, ma la propria professione e soprattutto il futuro della propria famiglia per un banale articolo?
E gli editori non si assumono nessuna responsabilità, non hanno nessun interesse a farlo, e comunque accade quasi sempre che i servizi tv e gli articoli vengano prima vagliati da attenti avvocati pronti a respingerli se dovessero comportare il remoto rischio di grane legali.
In questa dannosa situazione si trovano molti giornalisti, molte persone che vorrebbero esprimere la propria opinione ma vivono costantemente con questa spada di damocle sulla testa, con il costante rischio di potersi ritrovare soli ad affrontare un qualche colosso a cui poco importerà della tua situazione ma che vorrà rifarsi dei danni subiti. Purtroppo spesso a nulla serve che l'articolo tratti cose semplicemente VERE, di interesse pubblico e apparentemente incontestabili. La causa può essere facilmente persa, se ad opporsi ci sono squadroni di avvocati, magistrati corrotti, che, nonostante la genuinità di quando detto possono farti perdere solamente perché hai violato la privacy. Ok, hai svelato qualcosa di terribile, però hai violato la privacy e questo è ancora meno accettabile!
Dove va a finire la libera informazione? Dove va a finire l'onestà intellettuale? Per quanto valorosi e intrepidi siano, nessuno può biasimare una persona che sceglie di tutelare la propria famiglia (oltre che la propria vita).

Un sentito e dovuto ringraziamento a Paolo Barnard, che mi ha ispirato a scrivere questo intervento, e che denuncia (purtroppo senza essere ascoltato) molto meglio di me tutto questo, vivendolo anche in prima persona. Vi invito ad informarvi sulla sua questione (potete trovare quanto volete su google video scrivendo "censura legale paolo barnard")

giovedì 23 ottobre 2008

Picco del petrolio


Il picco del petrolio (o picco di Hubbert) è stato esposto nel 1956 dal geofisico Marion King Hubbert e descrive “la probabile evoluzione temporale della produzione di una qualsiasi risorsa minerale o fonte fossile esauribile o fisicamente limitata” (thanks wiki!). Una sua interessante applicazione riguarda la produzione del petrolio. La curva che questa produzione descrive è illustrata nella figura accanto. Notate nulla? Fino alla metà circa aumenta, per poi raggiungere il picco e ridiscendere. Bene, quel picco (globalmente parlando) è stato statisticamente previsto per il 2012, in alcuni paesi è stato raggiunto parecchio tempo fa (inghilterra ad esempio) in alcuni da pochi anni (cina) e in altri sarà raggiunto entro breve.
Cosa significa questo? Significa che il sistema economico e sociale per come lo conosciamo ora è destinato a crollare. Dopo il picco, il punto più alto, la produzione è destinata a rallentare, inevitabilmente. Il petrolio è fondamentale per la nostra società. Senza scomodare i mezzi di trasporto che ci riguardano direttamente, pensiamo a qualcosa di molto più fondamentale: il cibo. Il cibo che consumiamo viene quasi sicuramente prodotto molto lontano da noi, lavorato e inscatolato da tutt'altra parte, immagazzinato in altri posti e venduto in altri ancora. Senza petrolio (o perlomeno col petrolio destinato immancabilmente a scomparire e con prezzi sempre più esorbitanti) tutto ciò come potrà avvenire? O ancora pensiamo all'energia elettrica. Ora, non so la percentuale precisa di energia elettrica prodotta da questo combustibile fossile, ma è drasticamente alta. E la nostra società si basa sul consumo ininterrotto e sempre maggiore di energia elettrica. O tante altre cose, si ricade sempre lì. E con orrore possiamo accorgerci di quanto non siamo pronti a fronteggiare tutto ciò. Qualcuno potrebbe auspicare che i governi e le istituzioni ancora più in alto stiano già da tempo preparando una controffensiva, ma non è così, basti solo pensare alla disinformazione che impera su questo ambito. Le fonti di energia pulite e rinnovabili soddisfano solamente lo 0,17% del fabbisogno energetico globale. 0,17% significa che anche CENTUPLICARE la produzione non servirebbe a NULLA. In italia si discute ancora di nucleare, quando il nucleare è probabilmente la fonte energetica destinata a perire prima del petrolio; negli ultimi tempi, nel periodo in cui il petrolio ha raddoppiato il suo prezzo l'uranio ha sestuplicato il suo, e le scorie radioattive (l'uranio impoverito) ha tempi di smaltimento che superano il milione di anni. Una centrale nucleare comporta investimenti enormi e ha bisogno di tempi lunghissimi per compensare il denaro speso Nonostante questo, in barba a quanto espresso dal POPOLO, il governo attuale ha in programma la costruzione di centrali nucleari. Tutto questo mentre centinaia e centinaia di fiumi scorrono, mentre il sole batte forte su buona parte del bel paese per 8 mesi all'anno e mentre il vento disturba il quieto di vivere di molte persone. Eppure si cerca petrolio, petrolio e ancora petrolio. Non è un caso che dopo l'11 settembre il medio oriente (l'ultima zona destinata a raggiungere il picco) sia costellato da basi americane. Non è un caso che i militari italiani in Iraq siano fortemente voluti dall'Eni (gruppo Agip), altro che eroi col sacro e nobile scopo di riportare la pace in un posto devastato dalla guerra (per carità, sono fortemente convinto che molti, molti italiani siano là per quello, io parlo solamente di piani economici e politici). Poi per quanto riguarda le basi militari in medio oriente ci sarebbe anche da discutere sul fatto che sono poste proprio accanto al nuovo astro nascente dell'economia, la cina, che con il suo miliardo e mezzo di abitanti e consumatori spaventa enormente gli stati uniti, ma qui si cade nel cospirazionismo e si tratta un'altra storia. Tornando dalla divagazione al filo conduttore dell'articolo, occorre riflettere bene sulla situazione attuale e sul futuro. Non che in pochi anni tutto sia destinato a crollare, questo no, occorreranno decenni perché la cosa si manifesti chiaramente, però è innegabile quanto la nostra società sia impreparata a tutto ciò. Quando sarà sempre maggiore la richiesta di petrolio e la materia prima sarà insufficiente a soddisfare la domanda qualcosa dovrà accadere. È auspicabile una unione globale, atta a cooperare, a investire su nuove fonti di energia, a risolvere Insieme il problema. È verosimile pensare che, come già accade, il più potente si imponga sugli altri per ottenere le risorse con la forza, a spese degli altri. Il problema è che a contendersi questo ruolo sono più potenze, e nel momento critico tenteranno di imporsi in tutti i modi possibili, e tutto ciò scatenerà una guerra, un disastro a livello globale di portata inimmaginabile.

mercoledì 22 ottobre 2008

politica

Quando mi soffermo su cosa per me sia la politica mi sento molto combattuto al riguardo. Da una parte penso che politica sia tutto ciò che noi facciamo, quando lo facciamo pensando anche solo un momento alle persone con cui viviamo, alla collettività di cui facciamo parte. Non è così in fondo?
Ora, non voglio risalire al significato etimologico e preciso del termine, ma penso che ogni singolo gesto, se fatto con un'ottica e un'intenzione “collettiva” possa essere un gesto politico, un'azione fatta per perseguire il benessere sociale. Anche semplicemente gettare la cartaccia nel cestino anziché a terra, non è contribuire a rendere più vivibile la Nostra società?
E penso che ognuno di noi debba fare politica, nel suo piccolo e nel suo grande, al di là dei propri moralismi e della propria etica, ognuno vive con gli altri e con gli altri vivrà e in un qualche modo nei suoi pensieri dovrà farceli entrare.
Ma la politica sta assumendo un significato molto diverso oggi, in italia soprattutto. La politica viene delegata ad una casta lontana da noi; il mondo della politica è relegato in una scatola chiamata tv e alla lettura dei giornali. Non possiamo fare altro che commentare e spesso disapprovare tutto ciò che ci viene imposto, come fosse qualcosa di trascendente, su cui non possiamo intervenire.
E tutto ciò è spaventoso. C'è una distanza abissale tra il mondo in cui vivo e il mondo che descrivono giornali e telegiornali. E il nostro ruolo, il mio ruolo, qual è?
Sembra che non ci resti altro da fare che subire e cercare di sopravvivere, scaricando la mia frustrazione nel lavoro e nei pochi atti di ribellione sociale che vengono talvolta proposti (i vari Grillo&co). Eppure a ben pensarci anche tutti questi rientrano in questo formidabile sistema, fanno scaricare la nostra frustrazione, convogliano il dissenso in un unico canale, per poi sfogarlo e far tornare tutto come prima poco tempo dopo. Non voglio sicuramente dire che questi “paladini” della giustizia siano degli oscuri manovratori di folle controllati dalla casta che dicono di voler combattere. No, molto peggio. Questo sistema è così perché ha trovato un equilibrio. Un equilibrio fatto di omertà e menefreghismo, fatto di svogliatezza e impotenza. L'individuo ha perso il suo ruolo e la sua voce, delegandolo ad una vacua collettività che non rappresenta sé stessa e la persona.
E viviamo tutto con estrema passività. Deleghiamo ad altri la nostra attività cerebrale, ascoltiamo annuendo i politici o ci facciamo trascinare dai paladini dell'antisistema. Noi dove stiamo? Se il vivere insieme non parte dall'individuo perde tutto il suo senso, dovrebbe valorizzare la propria umanità, non calpestarla e bruciarla. È inutile prendersela con la casta politica o con la casta antipolitica, entrambe hanno ragione e hanno torto, gli unici con cui prendercela siamo noi. Siamo noi che permettiamo che tutto ciò che ci viene imposto ci venga imposto, siamo noi che votiamo quelli che ci governano e siamo noi che decidiamo di seguire i vari personaggi. La vera riforma non deve partire rovesciando l'attuale governo o sistema politico, la vera riforma deve partire da noi stessi, e da qui deve puntare sempre più in alto. E mai accettare a testa bassa ciò che ci viene imposto, perché siamo noi lo stato, siamo noi che facciamo politica, non poche persone chiuse in un palazzo ben addobbato, e siamo noi che viviamo la nostra vita.
Delirio finito...andate in pace! :P

Intro!

ho un mare di idee che mi passano per la testa, cose di poco conto, senz'altro, eppure...non so se è solamente voglia di riordinare i miei pensieri, sperare che qualcuno ogni tanto possa leggerli, però scrivere mi piace e mi fa bene e il confronto con gli altri ancora di più. Il dialogo è qualcosa che manca oramai nella nostra quotidianità e internet è uno strumento portentoso per scambiare idee e pensieri con altri! Bando alle ciance, benvenuti e grazie di aver letto (se siete giunti fin qua :P), alla prossima!